Una frase di Gibran che, lessi da ragazza e non ho mai dimenticato diceva che la felicità è nelle cose, la gioia in noi.
Leggendola davo più importanza alla gioia perché è uno stato d'animo insito in noi. La felicità invece era legata a qualcosa da possedere.
In realtà non mi sono mai accontentata.
E così mi sono ritrovata ad inseguire sempre la felicità.
Provando in me un senso di irrequietezza perenne che non si quietava se non nel momento in cui non ottenevo ciò che realmente desideravo.
Adesso che sono adulta, mi ritrovo a pensare alla felicità e al significato che le ho attribuito negli anni. A come sono cambiata io e a come interpreto oggi questo concetto.
Mi accorgo come il senso di felicità non è più nell'avere un oggetto ma nell'avere accanto quello che il mio cuore ha sempre cercato disperatamente e ha finalmente trovato.
È un concerto di anime che vibrano, di mani che si sfiorano e stringono, di sguardi rubati al buio e di occhi che si illuminano quando si incrociano.
Allora si, se ci penso, mi rendo conto che potrei morire di felicità.
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